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Le ultime opere di Romolo Murri, elaborate e non tutte pubblicate tra il 1937 e il 1944, considerate nel loro insieme, rappresentano una meditazione coerente e unitaria. Lo stesso autore ne è consapevole. A questo periodo risale il manoscritto, finora inedito, del De regimine ecclesiae, custodito presso l'Archivio Murri a Gualdo di Macerata. La data dell'incipit, segnalata nel testo, è il 26 novembre 1938. Il lavoro rimase però incompiuto. Il titolo, provvisorio o definitivo, risulta pienamente coerente allo svolgimento di un complesso e articolato discorso de statu praesenti ecclesiae, sulla condizione del cristianesimo considerato nella sua realtà trascendente e nell'orizzonte storico dal punto di vista della divina rivelazione e da quello della realtà del cammino bimillenario della comunità credente. Un trattato di ecclesiologica storica, si potrebbe definire il De regimine, in apparenza non dissimile, almeno in certe parti della sua articolazione concettuale, da tante esposizioni ecclesiologiche e canonistiche aventi lo stesso titolo, soprattutto a partire dalla fine del Medioevo. Ma lo svolgimento delle argomentazioni murriane oltrepassa delimitazioni di questo genere, fino a presentarsi come una riflessione sulla condizione cristiana contemporanea. Come nelle opere maggiori dell'ultimo periodo, anche il De regimine non contiene riferimenti o allusioni ai drammatici avvenimenti che hanno una risonanza particolare nella Roma di quegli anni, con i quali l'autore si trovava necessariamente a confrontarsi, anche come giornalista.